Agosto 2015. Pur non essendo propriamente una lettura da ombrellone, The Journal of Sexual Medicine esce con un numero caldo come l’estate, pubblicando i risultati di una ricerca svolta tra il 2006 e il 2010 dal titolo: Correlates of Heterosexual Anal Intercourse among Women in the 2006-2010 National Survey of Family Growth, che tradotto sta per: analisi dei rapporti anali di oltre 10.000 donne eterosessuali di 15-44 anni. L’obiettivo dello studio è sviscerare la predisposizione femminile verso una pratica sessuale socialmente stigmatizzata e di orientamento prevalentemente maschile: il sesso anale.
La ricerca pone principalmente l’accento sulle variabili socio culturali del fenomeno – età, etnia, stile di vita, livello di istruzione, fede religiosa – che più o meno inconsciamente influenzano i comportamenti sessuali, e sull’analisi dei rischi reali e percepiti del sesso anale. Stando ai risultati, almeno un terzo della popolazione femminile sessualmente attiva ha provato il sesso anale almeno una vota nella vita.
La percentuale si riduce drasticamente al 13, se l’arco temporale è ristretto ai 12 mesi precedenti il questionario; fenomeno facilmente comprensibile se consideriamo che, per le donne, il sesso anale è spesso strettamente collegato alle sfumature sentimentali della relazione sessuale. Lo dimostra anche il fatto che le variabili socio culturali di cui sopra non incidono significativamente sulla prassi.
Ma c’è dell’altro. Il sondaggio promosso dal Center for Sexual Health dell’Università dell’Indiana – cui si riallaccia la pubblicazione scientifica – prende in considerazione la totalità degli atti sessuali possibili durante un rapporto: masturbazione del partner, sesso orale, sesso vaginale, sesso anale. Se gli uomini raggiungono l’orgasmo nel 90% dei casi, per le donne la percentuale si attesta intorno al 60, ma cresce straordinariamente in caso di cunnilingus (80%) e di sesso anale (94%).
La passione per il sesso da lato b è dunque estremamente democratica, perché annulla le differenze di genere relative all’orgasmo. In inglese si chiama Orgasm Gap, espressione che sintetizza la diversità del piacere sessuale maschile e femminile. Al netto della frequenza con cui viene praticato, il sesso anale mette d’accordo tutti e risolve il divario.
C’è una motivazione “economica” ed una scientifica. La prima, interpreta il sesso anale come fosse una transazione di scambio: la donna che lo concede lo fa soprattutto per il partner; l’uomo diventa dunque più generoso con l’amante e ne onora il “sacrificio” intensificando e variando la performance. La spiegazione scientifica invece è sostanzialmente anatomica: il sesso anale stimola le pelvi femminili nella loro interezza, perchè interessa la parete ano-vaginale (tessuto interno di separazione tra i canali rettale e vaginale) e può portare all’orgasmo simultaneo vaginale e clitorideo.
In generale, sull’onda lunga, la ricerca ha una morale: variare è il segreto per una vita sessuale intensa e soddisfacente. All’aumentare degli atti performati durante un rapporto, aumenta la percentuale di soggetti felici. Gioco e reciprocità sono dunque gli ingredienti che trasformano la minestra riscaldata in piatti degni dei migliori amanti.
Fonte: Gqitalia.it