Dopo tre anni di assenza, il rapper marchigiano torna con un brano che scava nelle ossessioni del nostro tempo. Insieme a Tredici Pietro firma una critica feroce alla società dell’apparenza e del successo a ogni costo
Cosa succede quando uno dei nomi più taglienti del rap italiano decide di tornare dopo tre anni di silenzio? Succede che il microfono diventa un bisturi, la base un campo di battaglia, e le parole una raffica diretta al cuore delle contraddizioni italiane. Con “Che Gusto C’è”, Fabri Fibra torna sulla scena come sa fare solo lui: senza filtri, senza compromessi, senza sorrisi di circostanza. Il nuovo singolo, lanciato in anteprima con un’intervista a Le Iene, non è solo musica: è una denuncia sociale, una confessione personale, un atto di resistenza artistica.
Il brano nasce da una collaborazione con Tredici Pietro, giovane talento e figlio d’arte di Gianni Morandi, che dona al ritornello una vena malinconica e generazionale. La produzione, firmata da Zef e Marz, mescola elettronica e atmosfere urbane, mantenendo il flow classico di Fibra ma portandolo in una dimensione più cupa e riflessiva. “Che gusto c’è a rincorrere sempre qualcuno che ha più di te?” sembra chiedere, tra le righe e fuori da ogni metafora.
Nel videoclip – già virale – i simboli non mancano: si passa da ambienti che ricordano talk show urlati a scene quotidiane in cui la realtà si confonde con la caricatura. A sfilare, tra citazioni esplicite e provocazioni, ci sono Berlusconi, Sfera Ebbasta, Briatore. Volti che incarnano il potere, la fama, l’ostentazione. Un’estetica satura, volutamente eccessiva, che sottolinea quanto la nostra società sia intrappolata nel desiderio continuo di apparire, primeggiare, accumulare like, follower, numeri.
Fibra non si limita a guardare fuori: entra nella sua stessa narrazione, si mette in discussione. “Posti una foto del tuo sold out, ma subito dopo arriva uno che ne ha fatti tre”, racconta. Il successo, invece di essere un traguardo, diventa una prigione, una trappola mentale che impone standard sempre più alti, sempre più alienanti. Il rapper marchigiano, classe 1976, non cerca di mascherare il peso del tempo o dell’esperienza: li porta addosso con onestà, dichiarando apertamente di non voler partecipare alla gara mediatica. “Non vado a Sanremo, mi vesto sempre uguale, non mi espongo come gli altri. Ma va bene così”.
Ecco allora che “Che Gusto C’è” si trasforma da singolo a dichiarazione di poetica. Non un pezzo nato per scalare le classifiche, ma per dire qualcosa che nessuno ha il coraggio di dire: che viviamo in una società drogata dal confronto continuo, e che in questa corsa all’approvazione nessuno è mai davvero soddisfatto. Una società dove anche chi ha vinto si sente in ritardo, anche chi brilla teme di spegnersi. E il gusto, quello vero, si perde nel rumore.
In un panorama musicale sempre più omologato, Fabri Fibra conferma il suo ruolo di outsider necessario. Uno che non cerca l’applauso facile, ma il rispetto che nasce dalla coerenza e dalla profondità. E mentre molti suoi colleghi si perdono tra marketing e autocelebrazioni, lui ritorna con un pugno nello stomaco e un pensiero lucido, affidandosi a un linguaggio diretto, ruvido, ma ancora capace di raccontare l’Italia meglio di tanti editorialisti.
E Tredici Pietro? Con questo feat. entra in un’altra dimensione. Non è solo “il figlio di”: è una voce che vibra di disillusione, un giovane che canta con consapevolezza, lontano dagli slogan. È l’incontro tra due generazioni, ma anche tra due modi di affrontare il presente: uno con la rabbia di chi ha visto tutto, l’altro con la stanchezza di chi già sa come finirà.
Fonte: Giornalelavoce.it